martedì 19 novembre 2013

RENZI, IL PD E I PENSIONATI

L'economia continua a peggiorare, di ripresa non si hanno che flebili segnali, per di più resi insignificanti dall'aumento esponenziale della disoccupazione e del precariato, le misure imposte dalla Ue e zelantemente sostenute dal direttorio Letta-Napolitano non hanno portato alcun risultato positivo, eppure nei sondaggi - mentre riprende l'inevitabile e meritata, aggungo io, discesa del centro-destra - il Pd, cioè il partito che queste politiche fallimentari ha sostenuto con più convinzione, sembra godere di buona salute, con una percentuale di consensi che va dal 25 al 30%.  Sappiamo quanto i sondaggi siano inaffidabili: in passato hanno regolarmente sovrastimato di cinque o più punti percentuali i democratici e sottostimato di altrettanti punti percentuali gli avversari. Anche tenendo conto di questo fatto, però, i numeri esibiti dagli istituti di ricerca appaiono sorprendenti. In Francia, Hollande paga la sua subalternità a Berlino e a Bruxelles con un livello di gradimento bassissimo: solo il 15%. Come mai allora il partito di Letta e del "morire per Maastricht" non accusa una flessione simile?

Le ragioni sono numerose. Per esempio il radicamento nel territorio del Pd, con la sua pletora di amministratori, funzionari di partito e di sindacato che devono difendere la propria poltrona. La sessantennale fedeltà degli ex elettori del Pci, che non hanno ancora chiaro come non ci sia ormai alcuna continuità ideologica tra il partito di Berlinguer e quello di Epifani e continueranno a votare per una storia che si è chiusa da anni. Oppure, l'effetto-Renzi, che porta non pochi elettori di centro-destra a confluire nel Pd per premiare il sindaco di Firenze, visto come il salvatore della patria. Secondo me però la ragione principale è un'altra, ed è che l'elettorato del Pd è costituito principalmente da categorie che non hanno sentito ancora la crisi sulla propria pelle. O che l'hanno sentita meno di altri. Mi riferisco ai pensionati, ai dipendenti pubblici (o di grandi imprese private nelle quali il sindacato ha ancora una presenza e riesce ancora a dare una tutela, seppur mediocre) e ovviamente al ceto pseudo-intellettuale organico all'ex-Pci, di cui una parte della stampa e del mondo dello spettacolo è un esempio. Questi ultimi sono influenti ma rappresentano un numero contenuto di persone. I dipendenti pubblici e i pensionati sono invece un esercito.

Certo, anche costoro finora sono stati aggrediti dalle misure pro-austerità, come dimostra il blocco delle assunzione e dell'indicizzazione dei salari nella pubblica amministrazione. Ma i loro stipendi, le loro rendite e i loro diritti finora sono stati toccati molto meno di quanto non sia avvenuto per altre categorie: precari sottopagati per i quali è impossibile o quasi trovare un posto di lavoro dignitoso; disoccupati che hanno persino smesso di cercare lavoro e si sono arresi; dipendenti di piccole e medie aziende mandati a casa senza ammortizzatori sociali e senza alcuna speranza di assunzione in altre imprese; piccoli negozianti costretti a chiudere; partite Iva - inclusi non pochi liberi professionisti - che non riescono a chiudere in attivo, magari perché i loro clienti non pagano; laureati che non trovano uno straccio di impiego e vanno all'estero: i più fortunati a fare i ricercatori, gli altri a fare i camerieri a Stoccarda o a Dortmund. Di fronte ai drammi che vivono queste categorie, è chiaro che pensionati con rendite accettabili (non quelli al minimo, ovviamente) e quei lavoratori che ancora sono garantiti in qualche modo dal settore pubblico o dai contratti collettivi sono da considerarsi fortunati! A costoro sono stati chiesti sacrifici ancora sostenibili e per loro non è stato impossibile accettarli e anzi considerarli, per usare la vulgata del partito dell'austerità, "necessari dopo anni di stravizi". Per questo sembra loro conveniente, e anche nobile e giusto, votare Pd e dimostrarsi "responsabili".

Purtroppo temo che queste categorie "fortunate" abbiano fatto male i loro conti. L'austerità non ha messo e non metterà a posto i conti, anzi, li aggraverà, creando le condizioni per ulteriori giri di vite: nuove tasse e soprattutto nuovi tagli. Tra poco sarà la volta proprio del settore pubblico e dei pensionati, che finora sono stati parzialmente risparmiati dalla macelleria sociale. Il Pd per adesso non ha toccato nè gli uni nè gli altri, per non scontentare il proprio elettorato di riferimento, ma a breve sarà costretto a farlo, se vuole rimanere fedele agli interessi di cui è il garante assieme a Scelta Civica e a parte del centro-destra: quelli della grande impresa, della grande finanza, di Bruxelles. Esagerazioni? Chi lo pensa rifletta sui concetti che il probabile, nuovo segretario del Pd, Matteo Renzi ha espresso qualche giorno fa in televisione parlando di sistema previdenziale. Le riassumo qui usando la sintesi fatta dal sito sbilanciamoci.info.

In estrema sintesi, la posizione espressa da Renzi è la seguente:
1) spendiamo troppo in pensioni e troppo poco nel resto del welfare, ergo dobbiamo ridurre la spesa pensionistica e spostare risorse sulle altre componenti del welfare, asili nido in primis;
2) il nuovo sistema pensionistico contributivo restituisce ai cittadini quello che ci hanno messo, mentre il vecchio sistema retributivo era troppo generoso, ergo, poiché quelli che sono già in pensione sono prevalentemente a regime retributivo, è legittimo ridurgli le pensioni; 
3) le pensioni elevate, così come quelle pagate a persone andate in pensione troppo giovani, sono uno scandalo e un costo che non possiamo permetterci, ergo è giustificata la riduzione sostanziale di tali importi, con la quale finanziare gli altri istituti del welfare;
4) le pensioni di reversibilità sono sorpassate e si prestano ad abusi, ergo il diritto va drasticamente ridefinito in senso restrittivo.

Capito? Siccome "ce lo chiede l'Europa", il Pd di Renzi (e non credo che molto diversamente farebbe un Cuperlo) si prepara a ridurre drasticamente i costi del sistema pensionistico tagliando non soltanto le pensioni più elevate ma anche quelle di chi è andato a riposo potendo contare sul vecchio sistema retributivo: milioni di persone. Inoltre la scure è pronta a calare anche per le pensioni di reversibilità. E non è che questi sacrifici serviranno a rafforzare lo Stato sociale, visto che sappiamo benissimo dove finiranno questi soldi: al fondo salva stati e al Fiscal Compact, una follia che ci costerà decine di miliardi all'anno per 20 anni (altro che Imu). Capito, amici pensionati che votate per il partito del rigore e del "sogno europeo"? Finora siete stati risparmiati ma tra poco toccherà anche a voi. E, statene certi, anche a quei lavoratori della grande impresa o del pubblico impiego, dalla scuola alla sanità, che ancora mantengono salari e diritti dignitosi.

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