mercoledì 7 maggio 2014

QUEL QUALUNQUISTA DI STIGLITZ

In fondo a queste righe trovate il link a un video registrato ieri 6 maggio 2014 all'Università Luiss, che vi consiglio di seguire. Il resto è poco interessante ma l'intervento centrale, quello del premio Nobel per l'Economia Joseph Stiglitz, merita qualche minuto del vostro tempo. So benissimo che chi avrebbe più bisogno di ascoltare l'analisi del grande economista americano difficilmente avrà l'intelligenza e l'umiltà di farlo: gli euristi sono generalmente così, incapaci di confronto e legati alle idee - loro o della propaganda che hanno loro somministrato - come a verità di fede. Non a caso molti di loro vengono da una tradizione politica in cui si segue ciò che dice il segretario, e pazienza se la logica, l'etica e il buon senso dicono altro. Spero però, stavolta, di sbagliarmi. E che le parole di Stiglitz arricchiscano per una volta non solo chi ha compreso i termini della questione, ma anche qualcuno di coloro che finora non ha potuto o voluto capire.

Nuovi populisti: il premio Nobel per l'Economia Joseph Stiglitz

Cosa dice di tanto interessante Stiglitz? Grosso modo questi pochi ma chiarissimi concetti:

- "Non c'è nessuna ragione per cui l'Europa si trovi nella crisi attuale se non l'euro". Ecco serviti quelli che è colpa della crisi mondiale (che non esiste da almeno due anni), della globalizzazione, della pigrizia o dell'inefficienza.

"Il superamento della crisi non dipende dalle riforme, pur utili, dei singoli Paesi". Ecco serviti quelli (tipo Renzi) che "la colpa è del mercato del lavoro, della mafia, della corruzione, della burocrazia".

"La recessione europea può essere superata solo riformando completamente questa moneta unica"
. Ecco serviti quelli che vogliono andare a Bruxelles per ottenere le briciole ("facciamo i bravi e poi magari i tedeschi ci concedono lo 0,1%"), che non servirebbero a nulla. Qui o si cambia totalmente il sistema o l'euro salterà con danni gravissimi.

Qualche organo di stampa ha titolato l'intervento dell'economista americano così: "L'euro è stato un errore ma non si può tornare indietro". Inutile dire che il titolo è capzioso. In realtà Stigitz ha detto che una rottura dell'eurozona non concordata potrebbe avere dure consequenze ma che d'altra parte l'attuale sistema è insostenibile e che quindi, la soluzione preferibile sarebbe quella di una riforma totale (che, come sappiamo, chi ha fatto questa Uem non vuole), pena un'inevitabile e dolorosa implosione. Come si vede, il concetto è assai diverso da quanto i soliti giornali cercano di far passare.
 
Un'ultima osservazione: se queste cose non le hanno dette "incompetenti populisti" come Salvini, la Meloni, Grillo o qualche eccentrico professore di provincia in cerca di visibilità ma le ha pronunciate  uno dei massimi economisti mondiali (in compagnia di ben altre sei Premi Nobel che da anni giudicano l'euro insostenibile), chi è allora che non sa di che cosa parla? Gli euroscettici svolgono una critica condivisa dalle migliori menti economiche del mondo. I pro-euro, nonostante la loro sicumera, hanno dalla loro soltanto le favole dei politici da talk show e le analisi - continuamente smentite dalla realtà - di economisti al soldo dei partiti, delle banche d'affari o della Bce.


http://www.livestream.com/luiss_tv/video?clipId=pla_81c728a6-bdf1-47bd-a83c-372aababae05

giovedì 24 aprile 2014

LEZIONE DI INGLESE

Dedicato a chi "il problema non è l'euro e questa Ue" e "la sovranità monetaria è una cosa da fascisti, nazionalisti e demagoghi che non vogliono fare le riforme": come hanno affrontato la crisi economica scoppiata nel 2007 (e da noi ancora in atto) i pragmatici inglesi, che certamente non sono bolscevichi, fascisti, anacronistici avversari del mercato e della globalizzazione, fanatici, populisti, pigri e corrotti?
La Bank of England, noto ricettacolo di populisti ostili alle riforme

Per prima cosa hanno nazionalizzato il loro sistema bancario evitando di ripianarlo a spese della collettività come è avvenuto in Eurozona nel 2007-2008: dapprima lo hanno fatto con la Northern Rock nel 2008, successivamente con la Royal Bank of Scotland, con una partecipazione di minoranza nel Lloyds Banking Group e con la creazione di un fondo per il salvataggio bancario a cui aderirono numerosi altri istituti finanziari.

E' stato un problema? No. E' schizzato lo spread? No. E perché? Perché gli inglesi si son ben guardati dal cedere ai mercati privati la propria sovranità monetaria, che hanno esercitato nella loro pienezza con un quantitative easing della Banca d'Inghilterra (concordato col Governo) di 375 miliardi di sterline, attraverso i quali hanno rastrellato, sul mercato finanziario, titoli del debito pubblico, i cui interessi sono stati restituiti allo Stato (notate bene: allo Stato, non alle banche), permettendogli di ridurre il costo del suo finanziamento.

In modo molto pragmatico gli inglesi hanno poi lasciato crescere l'inflazione fino al 5% (svalutando), infischiandosene pure della soglia desiderata del 2% e si sono concentrati a stimolare l'economia attraverso bassi tassi d'interesse, tant'è che nell'ultimo trimestre hanno riportato il loro tasso d'inflazione al 2%, alla faccia dei deliranti predicatori della deflazione. E anche tutto questo è potuto avvenire perché non hanno venduto ai mercati privati le prerogative della loro Banca centrale.

I risultati, certamente non brillanti (la crescita mondiale oggi non è alta quasi da nessuna parte e il Regno Unito è stato colpito proprio nella sua industria principale, quella finanziaria), sono stati comunque significativamente superiori a quelli dell'Eurozona, con una crescita del Pil decisamente migliore e con una disoccupazione che, pur non certificando ancora il superamento della crisi, è ben lontana dai tristi dati nostrani.

La vicina Irlanda - stessa cultura, stessa lingua, stessa bassa tassazione, anzi: ancora più bassa di quella inglese, stesso core business fondato sulla finanza, debito pubblico addirittura bassissimo, ben più del Regno Unito - invece negli stessi anni è precipitata nel disastro ed è tuttora è in grave recessione. Sono diventati improvvisamente dei pigroni corrotti gli irlandesi oppure la differenza è che Dublino ha l'euro (con tutto quel che ciò comporta) e Londra invece ha la sterlina, la propria banca centrale, una politica monetaria e la forza di una democrazia nella quale il mercato è libero ma il popolo è sovrano?

(ringrazio Alessandro Santucci per i dati)

mercoledì 23 aprile 2014

QUESTIONE DI BUONSENSO

Anche ad Amsterdam c'è recessione: evidentemente pure gli olandesi sono pigri e inefficienti.

L'uscita dalla moneta unica e il ripristino del cambio flessibile e di una autonoma politica monetaria sono la panacea di tutti i mali? Mi sembra ovvio che non sia così e infatti non l'ho mai sostenuto nè io (il che conta poco) nè tutti i grandi economisti, premi Nobel compresi, che si pronunciano da anni sulla insostenibilità della moneta unica (il che dovrebbe contare molto di più). Chi attribuisce alle posizioni euro-scettiche più documentate una simile concezione, o non le ha lette con attenzione oppure è in cerca di un alibi per non mettere in discussione il feticcio-euro. E' molto facile, per non ammettere che questa moneta unica è stato un grave errore (in parte, come sappiamo, voluto perché funzionale alla speculazione finanziaria), respingere le critiche documentate dicendo: "Ah, secondo te basterebbe tornare alla lira per eliminare tutti i problemi del nostro sistema produttivo?". Questo lo può dire un Salvini qualunque, non chi si occupa seriamente di economia, e infatti gli economisti che cito non lo hanno mai sostenuto.

Bisogna combattere corruzione, inefficienza, pigrizia, mafie, raccomandazioni? Certo. Tutti questi elementi concorrono a generare minore conpetitività? Certamente si. C'è gente nel nostro Paese che ha ancora la pancia piena e non ha capito che occorre un cambio di passo? Sicuramente. Ma resta un dato di fatto indiscutibile cui nessuno dei sostenitori dell'euro ha mai saputo dare una spiegazione soddisfacente: la crisi è stata superata in tutto il mondo tranne che nell'Eurozona e dei dieci Paesi Ocse (come si vede dal grafico ufficiale) in recessione o stagnazione nel 2013 ben nove appartengono all'area della moneta unica. Delle due l'una: o i popoli pigri, inefficienti, corrotti e con poca voglia di lavorare si trovano tutti nel continente europeo, anzi, per una straordinaria combinazione del caso, tutti nei Paesi europei in cui si adotta la moneta unica (Svezia, Danimarca, Ungheria, Uk, Polonia, Norvegia, solo per fare alcuni esempi, infatti hanno la loro moneta e guarda caso NON sono in recessione), il che tra l'altro smentirebbe chi parla di "specificità italiana", visto che la cosa riguarderebbe anche irlandesi, finlandesi, olandesi, croati; oppure la causa principale del mancato superamento di una recessione che altrove è già stata superata, ha a che vedere con l'unione monetaria. Non mi sembra che ci voglia un genio, basta il semplice buonsenso a capire quale delle due ipotesi abbia un minimo di validità. E non è quella secondo cui continuiamo a essere nei guai sino al collo principalmente perché siamo pigri, mediterranei e corrotti.

martedì 22 aprile 2014

PATRIMONIALE DI MASSA PER POVERI ILLUSI

Non finirò mai di stupirmi dell'ingenuità della gente. Nonostante le solenni fregature prese con Mario Monti e Enrico Letta, presentati come salvatori della Patria  e rivelatisi poi - come noi sostenevamo - deleteri esattori per conto della finanza internazionale, oltre che agenti della distruzione del nostro sistema produttivo al fine di "uccidere la domanda interna" (come ha confessato esplicitamente Monti), vedo che non poche persone si apprestano a illudersi ora per la terza volta con Matteo Renzi. 

Eppure, rispetto a Monti e Letta nulla è cambiato: anche Renzi non osa mettere in discussione nessuno dei vincoli della Ue che stanno strangolando l'economia europea, anche Renzi è alla disperata ricerca di fondi, anche Renzi, a parte misure-tampone come quelle degli 80 euro in busta paga, non ha nessuno spazio di manovra per rilanciare l'economia, anche Renzi ha costruito la sua carriera giurando fedeltà a questa Europa delle banche, anche Renzi, il giorno che si mettesse contro Bruxelles e le grandi lobby economiche (cosa che ovviamente non ha nessuna intenzione di fare, anche perché il buon Matteo di sinistra ha a malapena un braccio e una gamba) sarebbe scomunicato dai media e verrebbe da loro distrutto con la stessa velocità con la quale è stato pompato. Perché infatti, se la situazione economica e la logica politica sono esattamente le stesse, ora le cose dovrebbero evolvere diversamente da come avvenne con Monti e Letta? Solo perché Monti e Letta erano musoni e Renzi sorride ed è pop? Purtroppo, la stragrande maggioranza delle persone questa banale analisi non riesce a farla e, non paga di essere stato presa in giro ripetutamente nel recente passato, crede alle bugie ufficiali. Non accetta la possibilità che esista una classe dirigente e un sistema dell'informazione specializzati nel mentire e ancora dà credibilità a figure che pure si sono distinte per inaffidabilità, per il solo fatto che ricoprono incarichi istituzionali. Se il ministro dell'Economia o il governatore della Banca d'Italia o il numero uno di Confindustria sostengono che stiamo uscendo dalla recessione e che si vede la famosa luce in fondo al tunnel, molti tendono ancor oggi a crederci ("lo ha detto il ministro, lo ha detto Confindustria, lo ha detto la Banca d'Italia") nonostante siano anni che le previsioni di questi soggetti si rivelano totalmente sbagliate e quindi intenzionalmente false, dal momento che funzionari di questo livello l'economia la conoscono.


Renzi e Padoan, "il bomba" e la volpe
 Questa credulità dell'opinione pubblica, incapace - anche nel caso di persone sveglie e informate - di fare un minimo di analisi basata sui fatti e sui dati, fa sì che l'opera di impoverimento della maggioranza a danno dei profitti dei pochi possa proseguire indisturbata. In fondo, il potere economico, e quello politico che da esso dipende, sa che basta allentare la morsa dei sacrifici nei mesi precedenti questa o quella elezione, per essere sicuri che il popolo non si ribellerà. Ecco spiegato perché in giro si sentono tante persone fiduciose in questo governo, che pure si muove esattamente nella stessa linea dei precedenti. Persone che si lasciano impressionare dagli 80 euro in più in busta paga - che ovviamente saranno recuperati con future tasse - e dimenticano (anche perché il tema viene furbescamente ignorato dai media mainstream) che cosa ci aspetta. 

Già, cosa ci aspetta dopo la tregua delle elezioni europee? La mazzata dell'Imu a giugno, intanto. Poi una sicura manovra correttiva in autunno, che già ora appare inevitabile in quanto le stime di bilancio del Def sono assolutamente irrealistiche. E poi, dall'anno prossimo, la tremenda tagliola da 30-40 miliardi all'anno per 20 anni del Fiscal Compact. Che significheranno patrimoniale di massa o addirittura prelievo forzoso dai conti correnti. Come scrive Aldo Giannulli, ci attende "una contribuzione straordinaria: prelievo o prestito forzoso, direttamente dai risparmi in banca o sulla busta paga, e tassa patrimoniale. Ebbene, sulla tassa patrimoniale potremmo anche esser d’accordo se colpisse la rendita finanziaria o le maggiori concentrazioni immobiliari, ma siamo anche convinti che non ci si proverà nemmeno e la scure (altro che le “forbicine”) si abbatterà, come sempre, sui ceti medi e bassi. Il fatto stesso che non se ne parli, per non turbare la campagna elettorale (…), conferma che è esattamente così che andranno le cose." 

Se mi sarò sbagliato, e Giannulli con me, sarò felice di fare ammenda. Ma per ora le cose - se guardiamo razionalmente ai numeri e agli orientamenti di politica economica - stanno così. Altro che fiducia in Renzi, qui ci sarebbe da cambiare completamente cammino, e in tutta fretta.

venerdì 14 febbraio 2014

RENZI

«Nell'Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev'essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l'individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità».
(Tommaso Padoa-Schioppa, Corriere della Sera, 26 agosto 2003)


Questa tristemente famosa dichiarazione di Padoa Schioppa  svela il senso del progetto eurista presente nella testa delle élite che l'hanno concepito e guidato. Che non è, come viene raccontato al popolo bue, quello della fratellanza tra le nazioni o del "mettersi insieme per affrontare le sfide della globalizzazione"  ma niente altro che l'antico obiettivo liberista e libero scambista del laissez faire, senza alcuna possibilità di intervento da parte dei cittadini. In una parola: il darwinismo sociale, con conseguente smantellamento di quel "diaframma di protezioni" costituito dallo Stato sociale, che per Padoa Schioppa, lungi dall'essere un enorme conquista di civiltà, era solo un impiccio. Del resto, si sa, i ricchi e i banchieri del Welfare possono fare tranquillamente a meno e la durezza del vivere o la "sanzione" non sapranno mai cosa siano. 
Non sorprende che un ricco signore dell'alta borghesia, che ha passato la vita tra banche e consigli di amministrazione, la pensasse così. Quello che dovrebbe sorprendere è che così da almeno vent'anni ha finito per pensarla anche la sedicente sinistra italiana, che infatti ha eletto a propri modelli dalla caduta del Muro in poi proprio banchieri, tecnici, finanzieri, funzionari delle banche d'affari. Non è questo un palese tradimento della propria ragion d'essere?

La nuova sinistra
Quello che avviene oggi con l'insediamento di Matteo Renzi alla guida del governo altro non è che il naturale sbocco di questo ventennale processo di ripudio dei valori di giustizia sociale da parte del centro-sinistra. Con Renzi va al potere non solo e non tanto - come sottolinea la stampa, ancora una volta capace di soffermarsi solo sugli aspetti superficiali del problema - il "nuovo", il "rottamatore", l'uomo immagine che assomiglia tanto a Berlusconi, l'ambizioso giovane che scalpita per conquistare lo scettro e fa fuori senza troppe storie il mellifluo Letta, con un'operazione che, francamente, sembra dettata solo della voglia di comandare. No, con Renzi - ed è questo che conta - va al potere per la prima volta un esponente del fronte "di sinistra" che anche apertamente non ha paura a definirsi liberista, apertamente gode dell'appoggio del mondo finanziario, non parla mai di temi sociali, dice senza mezzi termini che vuole tagliare le pensioni (come ho rilevato qui), sta spingendo per una nuova legge elettorale che riduce al minimo la rappresentatività e il controllo democratico da parte degli elettori e promette di bastonare un po' persino sindacati come Cgil, Cisl e Uil che pure già oggi sono così gialli che più gialli non si può. Con i Bersani e i Letta, la grande finanza era al potere ma, almeno formalmente, veniva limitata. Con Renzi, temo, potrà fare quel che vuole. Padoa Schioppa sarebbe contento: l'individuo in Europa ha certamente riscoperto la "durezza del vivere".

mercoledì 5 febbraio 2014

FATEVENE UNA RAGIONE

In Grecia la gestione della crisi imposta dalla Ue ha moltiplicato i casi di minori abbandonati. Però per il Sole 24 Ore il disastro consisterebbe non nel rimanere nell'Eurozona, ma nell'uscirne. Peccato che l'implosione sia inevitabile...


Ecco oggi l'ennesimo articolo terroristico a scopo di disinformazione. Non entro nel merito, lo faranno certamente in queste ore persone più titolate di me confutando per la millesima volta le palle e le mezze verità del Sole 24 Ore. Il punto è però un altro: quello che non si capisce o non si vuol far capire è che l'euro non ha alcuna possibilità di sopravvivenza, a meno di modificarne completamente la struttura, possibilità per la quale - lo sappiamo benissimo - non esiste la minima volontà politica dei Paesi del Nord. 

Fatevene perciò una ragione, egregi difensori della moneta unica: qui non si tratta di dibattere delle opinioni ma di prendere atto di un fatto certificato dalla letteratura scientifica, dalla storia di duecento anni di capitalismo e, più semplicemente, dalla logica e dagli eventi recenti (che ci dicono che la recessione è stata superata in tutto il mondo tranne che nell'Eurozona. Non sto dicendo in Europa: sto dicendo proprio solamente nell'Europa dell'euro). Quindi, disastro o non disastro, la fine dell'euro è inevitabile. E non tarderà certamente molto altro tempo, per banali questioni di sostenibilità economica.

Che vogliamo fare? Ne prendiamo atto e - magari assieme ad altri Paesi - studiamo un'uscita non traumatica e concordata oppure continuiamo a percorrere la strada sbagliata fino a che l'uscita la dovremo subire, visto che prima o poi la monetà imploderà? Non è meglio gestire gli eventi invece che farsene travolgere? Non è meglio preparare per tempo una exit strategy, anche solo per farla valere al tavolo delle trattative, piuttosto che dover uscire quando il nostro sistema produttivo sarà stata fatto completamente a pezzi (e magari la Germania deciderà unilateralmente di andarsene)?

lunedì 27 gennaio 2014

I TEDESCHI SONO CATTIVI

Un'austera seduta dell'inflessibile Bundestag, il Parlamento tedesco

La nuova litania di regime recita: "questo euro è buono e giusto ma è la Germania a rovinare tutto con il suo egoismo". Il ritornello è intonato, ovviamente, da chi ci ha cacciato in questo tunnel (i fautori del "sogno europeo", Prodi in primis) e non vuole assumersene la responsabilità, scaricandola anzi sulla gente e sui politici tedeschi. Poco importa a costoro se con questo atteggiamento concorrono a creare un elemento di ostilità tra i popoli: per la propria reputazione, e quindi per la cadrega, questo e altro! 

Le cose stanno però in altro modo. L'euro è stato forse non concepito (probabilmente le intenzioni iniziali erano altre), ma certamente costruito su misura di grande industria e grande finanza, ovvero dei famosi "mercati", a detrimento del benessere della maggioranza della popolazione. Le politiche di austerità sono connaturate alla moneta unica e alle istituzioni euriste e non sono un'imposizione dei "cattivi tedeschi": perciò finché c'è questa Ue, questo euro, questa Bce che vigila solo sulla stabilità dei prezzi e si rifiuta di stimolare la crescita, con questi funzionari, imbevuti fino alle midolla di ottusa ideologia dell'austerità, tali politiche proseguiranno. Certo, se i tedeschi fossero meno inflessibili e meno miopi, i danni sarebbero stati e sarebbero minori. Ma la sostanza non cambierebbe. Perché il problema non sono i tedeschi ma l'elite finanziaria che ha imposto questa Ue e questo euro. Il problema, in una parola, è lo strapotere dei mercati che sono stati capaci, attraverso il progetto della moneta unica europea, di diventare i veri detentori del potere politico, quando uno degli scopi primari del potere politico dovrebbe essere proprio quello di regolamentare i mercati e tenerne a freno gli abusi a vantaggio del benessere generale. 
I controllati sono diventati controllori di se stessi e qui la colpa non è del popolo tedesco ma di quei politici che hanno permesso una simile svendita della sovranità popolare. Sarà bene ricordarsene già da ora per non doverlo constatare quando sarà già troppo tardi.

Nota - Riporto qui sotto un intervento di Guido Grossi di Cittadinanzattiva che mi è sembrato centrato.

"E' vero che l'Euro fa bene alla Germania, ma è una coincidenza. L'Euro nasce con lo scopo di favorire gli interessi del grande capitale finanziario internazionale (neppure europeo... internazionale) legato alle grandi aziende multinazionali. Il suo obiettivo principale - dichiarato e raggiunto - è quello di anteporre la stabilità della moneta a qualsiasi altro interesse. Se la deflazione, che è il contrario dell'inflazione, semina distruzione nell'economia produttiva reale, con disoccupazione crescente, precarietà, chiusura di aziende, non importa. Tutto viene sacrificato sull'altare della stabilità della moneta.

Ora dobbiamo vederlo: l'inflazione è il vero nemico del grande capitale finanziario. Chi ha disponibilità monetarie e crediti, solo lui ha molto da temere dalla perdita di valore della moneta e dei crediti. Ma a noi raccontano l'esatto contrario: ci dicono che l'inflazione è una tassa ingiusta che danneggia il poveraccio. La povera gente non ha crediti, e tantomeno disponibilità monetarie. Sono balle evidenti. La bassa inflazione e le crisi economiche regalano alle multinazionali un esercito di disoccupati disperati disposti ad accettare paghe sempre più basse, e cittadini rassegnati a vedere la fine dello stato sociale, pur di campare.

Perché la Germania trae beneficio dall'Euro? Perché in Germania ci sono più multinazionali che in Italia o Spagna, e perché la Germania è culturalmente terrorizzata dall'inflazione, tanto da essersi attrezzata da tempo a convivere con livelli più bassi. Noi no. Noi abbiamo solo da rimetterci. Ma con chi ce la vogliamo prendere: con la Germania, oppure con il grande capitale internazionale?"